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CREMAZIONE (CON DISPERSIONE) PER TUTTI?
A PROPOSITO DELLA LEGGE N. 130 DEL 2001

di Paolo Becchi

Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
Fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
Contende.
Ugo Foscolo, Dei Sepolcri

La nuova legge in materia di cremazione e di dispersione delle ceneri (n. 130 del 2001), pur essendo stata sinora largamente ignorata, introduce alcune modifiche sia a livello della disciplina codicistica, sia a livello regolamentare, che solo ad un primo sguardo possono apparire di scarso rilievo .

Vediamo anzitutto di cosa si tratta per quel che concerne la dispersione delle ceneri. A livello codicistico viene modificato l'art. 411 del codice penale, laddove si faceva divieto di disperdere le ceneri (2). Essa viene ora «autorizzata dall'ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto» (art. 2). Vengono notevolmente ridotte le pene nel caso in cui la dispersione avvenga illegalmente: il codice prevedeva la reclusione da due a sette anni, la nuova legge da due mesi a un anno, con una multa.

L'art. 3, lett. c), precisa i luoghi in cui la dispersione è autorizzata (all'interno di aree appositamente predisposte nei cimiteri, in natura, in aree private, all'aperto con il consenso dei proprietari, in mare, nei laghi e nei fiumi, purché in tratti liberi da natanti e da manufatti) e i luoghi in cui è vietata (i centri abitati); la lettera d) individua i soggetti che possono eseguire tale dispersione (dal coniuge, o da altro familiare avente diritto, sino, da ultimo, al personale autorizzato dal Comune).

Va tuttavia sottolineato che l'art. 3 indica soltanto i principi sulla base dei quali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della nuova legge, dovrà essere, mediante regolamento proposto dal Ministro della Sanità, modificato l'attuale regolamento di polizia mortuaria per quel che riguarda sia la cremazione che la eventuale successiva dispersione delle ceneri. Al momento attuale (nonostante i sei mesi siano scaduti) non mi risulta che questo regolamento, (come del resto gli altri previsti) sia già stato approvato e pertanto posso qui limitarmi ad osservare che il legislatore non ha contemplato tra i luoghi in cui la dispersione è autorizzata proprio quello, «il cinerario comune», a cui faceva esplicito riferimento l'art. 80 comma 6 del regolamento di polizia mortuaria (3).

La nuova legge, inoltre, sottolinea che la dispersione delle ceneri è autorizzata unicamente nel rispetto della espressa volontà del defunto, mentre (cfr. supra nota 3) la dispersione nel cinerario comune poteva, per il regolamento di polizia mortuaria, anche avvenire qualora i familiari non avessero provveduto ad altra destinazione. Pare di poter concludere che non ci dovrà più essere neppure un cinerario comune, ma una dispersione totale delle ceneri, la quale tuttavia potrà essere attuata soltanto sulla base della volontà espressa del defunto; la legge però tace completamente sulle modalità attraverso le quali dovrà essere accertata tale volontà. Insomma, si introduce per legge un principio che va ben al di là della cremazione e che sconvolge radicalmente il nostro modo di intendere il rapporto con i morti, eliminando persino le loro ceneri, senza fornire alcuna garanzia riguardo all'accertamento in merito della volontà del defunto.

La legge tuttavia, va detto, si concentra più sulla cremazione che sulla dispersione delle ceneri. Vediamo dunque sulla base di quali nuovi principi dovrà essere regolamentata la cremazione (ripeto che la legge indica all'art. 3 soltanto i principi che dovranno essere seguiti dal regolamento attuativo). Vorrei qui dare notizia degli aspetti generali di maggior rilievo per poi concentrarmi su un aspetto specifico.

L'innovazione più significativa è che la conservazione dell'urna cineraria potrà essere fatta, «nel rispetto della volontà espressa dal defunto», non soltanto nel cimitero (per interramento o tumulazione), ma anche presso i familiari (art. 3, lett. e). L'urna, debitamente sigillata potrà dunque essere conservata in casa, in questo caso i familiari dovranno averne cura, onde non incorrere nei reati previsti dal codice penale (artt. 407, 408, 410, 411, 412) qualora si disperdessero le ceneri o fossero svolte azioni nei confronti dell'urna tali da configurare ipotesi delittuose.

L'innovazione più sorprendente (e problematica) è l'obbligo, previsto all'art. 3 lett. h), «per il medico necroscopo di raccogliere dal cadavere, e conservare per un periodo minimo di dieci anni, campioni di liquidi biologici ed annessi cutanei, a prescindere dalla pratica funeraria prescelta, per eventuali indagini per causa di giustizia». Ciò che maggiormente stupisce in questo articolo è che l'obbligo in esso previsto parrebbe estendersi a tutti i cadaveri, «a prescindere dalla pratica funeraria prescelta», creando un notevole onere alle strutture sanitarie incaricate del prelievo prima della chiusura del feretro e della successiva conservazione, per almeno dieci anni, dei campioni prelevati.

L'art. 3, lett. a), modifica inoltre il regolamento di polizia mortuaria, laddove quest'ultimo prevedeva (all'art. 79 comma 4) che l'autorizzazione alla cremazione avvenisse dopo l'acquisizione di un certificato in carta libera redatto dal medico curante o dal medico necroscopo escludente il sospetto di morte dovuta a reato (4). La nuova normativa dovrà invece prevedere che un tale certificato sia rilasciato soltanto da medico necroscopo. Ora, poiché la diagnosi di morte normalmente viene effettuata dal medico curante ciò comporta un meccanismo senza dubbio più farraginoso di quello precedente dal momento che il medico curante dovrà comunicare la sua diagnosi di morte al medico necroscopo, il quale a sua volta dovrà redigere quella dichiarazione liberatoria circa la presenza di sospetto di reato che consente di procedere alla cremazione.

Tra le innovazioni introdotte ve ne sono altre che meritano comunque di essere segnalate. La prima, immediatamente operativa, riguarda la modifica dell'art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie del 1934, secondo il quale i cimiteri dovevano essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. Questa disposizione non si applica nel caso di cimiteri di urne. Poiché l'implicito presupposto di una tale modifica è dato dalla non pericolosità igienico-sanitaria delle ceneri viene da chiedersi se una tale disposizione non possa pure analogamente estendersi anche alla conservazione dei resti mortali scheletrizzati.

Da segnalare inoltre che la legge all'art. 6 affida la costruzione (comma 1) e la gestione (comma 2) dei crematori, unicamente ai Comuni abrogando così tacitamente l'art. 343 comma 1 del testo unico delle leggi sanitarie secondo il quale alle amministrazioni comunali spettava soltanto l'onere di concedere gratuitamente l'area necessaria nei cimiteri per la costruzione di crematori su iniziativa dei privati. Mentre il comma 2 è immediatamente operativo, il comma 1 attribuisce alle Regioni il compito di elaborare, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, «piani regionali di coordinamento per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni».

La terza innovazione, di natura generale, è data dall'art. 7, il quale impone, al comma 1, ai Comuni di dare adeguata informazione ai cittadini sulle diverse pratiche funerarie e i loro costi e, al comma 2, prevede che il medico incaricato di redigere il certificato di morte informi i familiari del defunto sulle «diverse possibilità di disposizione del cadavere» (vale a dire inumazione, tumulazione e cremazione). Per quanto encomiabile sia la finalità informativa prevista dalla legge - l'informazione era in genere direttamente fornita dalle imprese di onoranze funebri -, non si può nascondere l'impressione che essa verrà ancor più disattesa di quanto non sia già avvenuto in occasione della nuova legge sugli espianti di organi da cadavere (6).

Ultima innovazione, ma sotto il profilo economico sicuramente la più vistosa, è l'abolizione della gratuità della cremazione. Come è noto il legislatore, con la legge n. 440 del 1987, per incentivare questa pratica funeraria l'aveva resa gratuita. Essa con la nuova legge lo resta solo «nei casi di indigenza accertata del defunto» (art. 5, comma 1). Negli altri casi la cremazione del cadavere e la conservazione o dispersione delle ceneri saranno tutti servizi a pagamento. Anche se le tariffe per tali servizi non sono state fissate dalla legge, l'art. 5, comma 2, fa esplicito rinvio ad uno specifico decreto del Ministro dell'Interno, che doveva essere attuato entro sei mesi dall'entrata in vigore della nuova legge, ma non è stato ancora emanato.

Queste sembrano a prima vista le modifiche di rilievo apportate dalla nuova legge7. Ve n'è tuttavia un'altra sulla quale merita soffermarsi più dettagliatamente. Se con riguardo alla dispersione delle ceneri la legge non fornisce modalità per accertare la volontà del defunto, essa ne fornisce invece per quel che riguarda la cremazione.

In apparenza le innovazioni rispetto al regolamento di polizia mortuaria attualmente in vigore risultano di modesto rilievo: la nuova legge (art. 3) richiede la disposizione testamentaria del defunto o la sua iscrizione ad una associazione che abbia tra i suoi fini la cremazione dei cadaveri dei propri associati, o in mancanza di ciò la volontà favorevole del coniuge o dei parenti prossimi. Viene inoltre indicata una quarta .,modalità: la volontà manifestata dai legali rappresentanti per i minori e per le persone interdette.

Quest'ultima modalità non era prevista, mentre le tre precedenti si ritrovano già nell'attuale regolamento di polizia mortuaria, ma i principi che dovranno ispirare le modifiche di tale regolamento sono senza dubbio caratterizzati da una maggiore liberalità: la scelta cremazionistica viene cioè facilitata.

Nel rispetto della volontà del defunto è già - sotto il profilo meramente formale - significativo che la volontà del coniuge o dei parenti diventi la terza possibilità, mentre subito dopo la disposizione testamentaria del defunto si faccia riferimento all'iscrizione ad una associazione pro-cremazione.

Riguardo ai congiunti la nuova regolamentazione, per quel che attiene la manifestazione della volontà, non dovrà più prevedere la forma scritta «con sottoscrizione autenticata da notaio o dai pubblici ufficiali abilitati» (art. 79, comma 2): è sufficiente esprimere tale volontà all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di residenza (art. 3, lett. b, n. 3). Nel caso di compresenza di più parenti dello stesso grado non sarà inoltre più necessario che tutti siano d'accordo, ma soltanto la maggioranza assoluta di essi (art. 3, lett. b, n. 3).

L'aspetto tuttavia forse di maggior rilievo è dato dal significato che assumerà l'iscrizione alle suddette associazioni. Il regolamento di polizia mortuaria attuale infatti prevede oltre all'iscrizione la «presentazione di una dichiarazione in carta libera scritta e datata» che sottoscritta attesti la scelta cremazionistica del defunto; tale dichiarazione deve inoltre essere convalidata dal presidente dell'associazione in questione (art. 79, comma 3). Nel regolamento modificato sarà invece sufficiente l'iscrizione, certificata dal rappresentante legale, ad una suddetta associazione ed essa varrà, anche contro il parere, eventualmente opposto alla cremazione, dei familiari. Ma v'è di più. L'art. 3, lett. b, n. 3 parrebbe lasciare aperte ancora altre possibilità dal momento che, in mancanza della disposizione testamentaria, prevede pure «qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto» (e dunque non solo la sua iscrizione ad una associazione cremazionistica).

Insomma, sin qui sembra che il nuovo regolamento intenda facilitare la scelta cremazionistica nel pieno rispetto della volontà dei defunti; e il fatto che una tale volontà vada rispettata anche contro il parere dei familiari è in sintonia con la nostra cultura giuridica, che attribuisce a ciascun uomo diritti soggettivi, individuali. La cremazione, a tutti gli effetti, dovrebbe da un punto di vista laico essere considerata semplicemente come una possibile pratica funeraria accanto all'inumazione e alla tumulazione. Del resto vi è già una legge dello Stato del 1987 che (peraltro del tutto incidentalmente) equipara la cremazione all'inumazione9. E se è pur vero che la cremazione dei cadaveri spesso in passato è stata utilizzata in funzione anticattolica e anticlericale, o nel Medioevo dalla Chiesa cattolica per colpire spietatamente gli eretici (ma in questo caso si trattava pur sempre di una pena comminata ai vivi), e che, di converso, il rito dell'inumazione è accompagnato dall'idea di una morte come sonno nell'attesa finale della resurrezione, la svolta conciliare ebbe tra i suoi effetti anche quello di superare l'ostracismo della Chiesa nei confronti della cremazione. Dunque anche il richiamo a motivi religiosi non può più oggi valere come ostacolo alla cremazione.

Il riferimento alla posizione della Chiesa cattolica merita tuttavia alcune precisazioni10. Se è vero che è soltanto con Papa Leone XIII (19 maggio 1886) che abbiamo un esplicito decreto di condanna del «detestabile uso della cremazione» va anche detto che sin dagli inizi la consuetudine ininterrottamente praticata dalla Chiesa era la sepoltura e l'uso invalso di seppellire i cadaveri costituiva di per sé una riprovazione della cremazione.

Molta enfasi viene posta, soprattutto nell'ambito delle Società cremazionistiche, sulla decisione presa da Papa Paolo VI, il 5 luglio 1963, di superare tale condanna. In effetti il pontefice, in quella data, approvò l'Istruzione della Congregazione del S. Officio Piam et constantem, nella quale si legge: «di fatto l'abbruciamento del cadavere, come non tocca l'anima, e non impedisce all'onnipotenza divina di ricostruire il corpo, così non contiene, in sé e per sé, l'oggettiva negazione di quei dogmi. Non si tratta, quindi, di cosa intrinsecamente cattiva o di per sé contraria alla religione cristiana»(12).

Il nuovo atteggiamento non poteva non essere recepito dal Codice di diritto canonico del 1983, il quale «non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» (13).

In ambito tradizionalistico vi è chi, con argomenti a dire il vero tutt'altro che irrilevanti, ha messo in guardia contro le concessioni fatte, anche in questo ambito, dalla Chiesa cattolica paventando il rischio di una perdita d'identità: una tradizione gelosamente custodita dalla Chiesa sin dalle sue origini come quella della sepoltura andava in frantumi ed è indubbio che la compattezza di una comunità religiosa si misura anche sulla difesa dei propri riti e delle proprie simbologie (14). Va peraltro osservato che la Chiesa cattolica era del tutto consapevole ditale rischio tanto da ribadire, in apertura dell'Istruzione citata, che «la Chiesa si è sempre studiata di inculcare la inumazione dei cadaveri» e al n. 4 del medesimo documento proprio «per non indebolire l'attaccamento del popolo cristiano a tale tradizione» e per mostrare «l'avversione della Chiesa alla cremazione» stabiliva che «i riti della sepoltura ecclesiastica ed i susseguenti suffragi» non si dovessero mai celebrare nel luogo della cremazione e neppure vi si dovessero accompagnare i càdaveri (15).

L'apertura della Chiesa cattolica parrebbe dunque alquanto prudente; non si può però, d'altro canto, fare a meno di osservare che a pochi anni dall'emanazione dell'Istruzione Piam et constantem, con il decreto Ordo exsequiarum, la Sacra Congregazione per il Culto Divino concesse, qualora non vi fossero altre possibilità, che i riti delle esequie si potessero celebrare anche «nella stessa sala crematoria» (16). A salvaguardia della tradizione sembrerebbe rimanere soltanto il divieto di celebrare in Chiesa i riti esequiali in presenza dell'urna con le ceneri. (Dico sembrerebbe perché a Genova di recente è stata celebrata nella Chiesa di San Nicola una S. Messa di suffragio in presenza dell'urna cineraria di un fedele deceduto all'estero).

Sarebbe interessante conoscere la posizione della Chiesa cattolica riguardo alla dispersione delle ceneri, ora concessa dal legislatore italiano. Se già la sepoltura anonima contraddice l'idea cristiana della dignità dell'uomo come immagine di Dio, ciò non dovrebbe a maggior ragione valere anche per la dispersione delle ceneri?

Le innegabili innovazioni della Chiesa in questo ambito parrebbero ispirate dall'idea che i simboli siano un prodotto della storia degli uomini e come tali ci si possa ad un certo momento pure disfare di essi, senza per questo mettere in discussione la fede cristiana. Non so fino a che punto questa lettura del simbolismo religioso, che pretende di darne una spiegazione, per così dire, secolarizzata, non finisca invece per deformarne la nozione nella maniera più pericolosa. Ma questo è un problema che riguarda la Chiesa cattolica e il suo rapporto con la tradizione e non certo l'etica laica che può sicuramente far propria l'idea di una secolarizzazione dei simboli.

Comunque sia, resta il fatto che, nonostante le aperture della Chiesa, la cremazione è rimasta in Italia una pratica funeraria scarsamente diffusa: la percentuale di coloro che ne fanno richiesta sfiora il 5% secondo le ultime stime (17).

Beninteso, questa mia breve nota non mira affatto a criticare una legge che ne faciliti l'autorizzazione. Uno Stato laico deve pur concedere a ciascun cittadino di scegliere la pratica funeraria che ritiene più consona ai suoi valori e rispettare una tale scelta.

Il punto è che un tale rispetto mi sembra già parzialmente incrinato laddove si fa riferimento alla volontà dei congiunti. Trovo condivisibile che la scelta cremazionistica di un defunto vada rispettata anche contro il parere dei congiunti, ma se si vuole insistere proprio sulla volontà del defunto, allora bisognerebbe comunque aggiungere che in sua mancanza il coniuge o i congiunti dovranno decidere non sulla base della loro volontà, bensì su quella presumibile del defunto. Se nei confronti del regolamento attuale si è ritenuto opportuno precisare che la volontà cremazionistica del defunto prevale anche sulla contraria volontà dei familiari, si sarebbe dovuto parimenti precisare che in caso di assenza di dichiarazione favorevole da parte del defunto il coniuge o i suoi familiari dovranno decidere nel rispetto delle presunte volontà del defunto.

Il punto merita di essere sottolineato dal momento che attualmente la scelta di una tale pratica funeraria nel nostro paese, come si è detto, è estremamente minoritaria e dunque venendo a mancare una qualche manifestazione di volontà del defunto riguardo alla cremazione, è molto più ragionevole presumere che egli non desiderasse essere cremato piuttosto del contrario. È ovvio che in un contesto culturale diverso in cui l'usanza di incenerire i cadaveri è socialmente radicata (come ad esempio in India) la conclusione sarebbe esattamente opposta.

L'aspetto tuttavia che solleva maggiori perplessità nella nuova legge è un altro. Uno degli ultimi principi in essa elencati merita di essere riportato integralmente: «l'ufficiale dello stato civile, previo assenso dei soggetti di cui alla lettera b) n. 3 o, in caso di loro irreperibilità, dopo trenta giorni dalla pubblicazione nell'albo pretorio del comune di uno specifico avviso, autorizza la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni» (art. 3, lett. g).

Ecco, qui mi pare del tutto evidente che il rispetto per la volontà del defunto venga completamente meno e che dopo dieci o venti 'anni (a seconda dei casi) la cremazione si presenti quasi come una direzione obbligata per i resti del feretro. Certo, ci vorrebbe ancora il previo assenso dei congiunti (a ciò fa riferimento la lett. b, n. 3)' ma, a parte il fatto che nel frattempo potrebbero essere morti anche loro, nulla si dice sul modo in cui essi verranno personalmente informati, e comunque trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione nell'albo pretorio del Comune di uno specifico avviso si procede «d'ufficio» alla cremazione.

Ammettiamo, ad esempio, che un vedovo proprio in quel periodo si trovi in vacanza all'estero per un mese, al suo ritorno si trova la moglie cremata, tra l'altro, con un bel conto da pagare per cremazione e conservazione (o dispersione?) delle ceneri. L'unica concreta garanzia che parrebbe restare a quel vedovo, che magari non intendeva autorizzare la cremazione, è quella di recarsi dopo le scadenze stabilite, almeno una volta al mese nel Comune di residenza in cui è avvenuto il decesso a vedere se esiste uno specifico avviso che riguarda l'esumazione o estumulazione di sua moglie.

Non si può nascondere l'impressione che la legge parta dall'implicito presupposto che dopo un certo numero di anni i familiari saranno disposti ad autorizzare una pratica funeraria che al momento del decesso del loro congiunto hanno rifiutato. Certo, in dieci o venti anni potranno anche cambiare idea e convertirsi al cremazionismo ma è forse più plausibile ritenere che se non hanno optato per quella scelta prima, non lo faranno neppure dopo.

Non vorrei tuttavia insistere soltanto (e neppure principalmente) sul ruolo dei congiunti. Il fatto decisivo è che la legge, la quale pur richiama il rispetto della volontà espressa dal defunto, in questo caso almeno se l'è completamente dimenticata.

Come nel caso del trapianto di organi il legislatore finge con il silenzio-assenso un consenso all'espianto che in realtà non c’e mai stato, così e a maggior ragione (dal momento che per la cremazione non è neppure previsto un adeguato sistema informativo) con la più recente legge sulla cremazione si presuppone che un individuo dopo un certo numero di anni dal suo decesso acconsenta tacitamente alla cremazione dei suoi resti. Se il defunto non aveva lasciato disposizioni in merito alla sua cremazione ciò vuol dire che egli non intendeva essere cremato e se i suoi familiari non l'avevano fatto cremare era proprio per rispettarne la volontà.

Ora, non possiamo escludere che i suoi familiari in dieci o venti anni cambino idea, ciò che tuttavia possiamo con certezza escludere è che il defunto cambi idea: se non desiderava l'abbruciamento del suo cadavere al momento del decesso perché dovrebbe desiderarlo per quel che di esso resta dieci o venti anni dopo? E dunque anche nel caso in cui i congiunti a distanza di tempo cambiassero idea, autorizzerebbero qualcosa in aperta violazione della volontà del defunto.

Ma vi è di peggio: è infatti sufficiente che i familiari siano irreperibili per un mese per autorizzare automaticamente, al momento della scadenza prefissata, la cremazione. Questa legge, dunque, rispetta la volontà dei defunti, ma solo per un tempo limitato, trascorso il quale la cremazione diventa un trattamento a cui verranno presumibilmente sottoposti molti di coloro che non avevano espresso alcuna intenzione di essere cremati.

Possiamo anche ammettere che dieci o venti anni siano più che sufficienti - a Fernando Pessoa bastarono nove mesi18 - per chi ancora crede nel culto dei morti e desidera anche accanto alla tomba tener accesa la fiamma del ricordo del proprio congiunto. Beninteso, il culto dei morti non è riducibile a quello dei cadaveri, ma - proprio per l'alto valore simbolico della salma - neppure da essi completamente svincolato. Certo, pure la pietà è soggetta allo scorrere del tempo.

Del resto fa parte della natura umana che la memoria gradualmente si affievolisca ed è quindi del tutto comprensibile che dopo un certo numero di anni si proceda all'esumazione o all'estumulazione dei cadaveri.

Anche dopo quel periodo tuttavia riteniamo che i resti mortali siano meritevoli di una certa tutela: ebbene io credo che dovrebbe far parte ditale tutela anche il non essere ridotti a cenere e dispersi senza che vi sia stato un esplicito consenso. Non si vede infatti per quale ragione ciò che vale al momento del decesso non dovrebbe più valere in un periodo successivo (19). La nuova legge invece parte proprio da questo implicito presupposto; è in forza di esso che può giungere a presentare la cremazione, a una certa distanza temporale dalla morte, come un percorso pressoché obbligato.

Ma se è così allora viene spontaneo chiedersi: se tanto prima o poi tutti (o quasi) probabilmente saremo cremati, perché non richiedere subito una tale pratica funeraria, e magari optare pure per la dispersione delle ceneri, ora magnanimamente concessa dal legislatore?
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Agli inizi dell'Ottocento Ugo Foscolo, mezzo giurista oltre che grande poeta, insorse con i suoi Sepolcri, proprio lui ufficiale dell'esercito cisalpino, contro una legge di Napoleone che imponeva, per ragioni igieniche, l'obbligo di seppellire i cadaveri al di fuori dei centri abitati, in appositi cimiteri20. Ammettiamolo pure, forse era eccessivo; ma la sua critica era perlomeno giustificata nei confronti di alcune disposizioni austriache precedenti che erano giunte sino ad imporre che le iscrizioni funerarie dovessero essere poste non sulle tombe, ma sui muri di cinta del cimitero, impedendo in tal modo l'identificazione precisa delle tombe. Nessuno tuttavia si era spinto sino al punto di negare il diritto ad una tomba e quando, qualche anno dopo l'unità d'Italia Vittorio Emanuele II approvò un regolamento che obbligava i Comuni a costruire pubblici cimiteri egli, in fondo, realizzava un ideale risorgimentale: quello di garantire a ciascun cittadino il diritto ad una propria tomba (21).

Oggi una rivoluzione silenziosa sta avvenendo per i nostri cari defunti: al posto dei cimiteri una nuova legge propone la costruzione dei crematori, trasformando tendenzialmente i primi in comparti di urnari uniformi uguali per tutti. Ecco (nella migliore delle ipotesi) le tombe del futuro: piccole nicchie, assolutamente asettiche e identiche per tutti. Ma la legge va ancora oltre autorizzando al contempo la dispersione delle ceneri: la tumulazione delle urne non sarà dunque strettamente necessaria e neppure la raccolta delle ceneri in apposite sale cinerarie.

Così ben presto saranno destinate a sparire quelle città dei morti che da secoli, sia pure in modo diverso, convivono con le città dei vivi. Tombe e cimiteri sono segni e luoghi simbolici portatori di senso e dobbiamo seriamente domandarci se eliminandoli non perdiamo troppo in termini di immaginario collettivo, non mettiamo a repentaglio qualcosa che è profondamente radicato nella nostra cultura: il culto dei morti che da sempre è servito ai vivi.

A Baudrillard, il quale radicalmente sostiene che i cimiteri non hanno più alcuna ragione di esistere poiché tutte le nostre città sono ormai diventate «città morte e città di morte» (22), verrebbe voglia di rispondere con un altro grande sociologo, Norbert Elias che, in un suo bellissimo libro, La solitudine del morente, scrive: «Ciò che viene inciso nella pietra durevole della tomba è un silenzioso messaggio dei morti ai vivi; e simbolo di un sentimento forse ancora inarticolato dell'unica possibilità di sopravvivenza di un morto nella memoria dei vivi. Se la catena del ricordo si spezza, se la continuità di una specifica società o della società umana in genere viene interrotta, sparirà contemporaneamente anche il senso di tutto ciò che i suoi membri hanno fatto nel corso dei millenni, di tutto ciò che hanno giudicato prezioso» (23).

Non sorprende che oggi il nostro legislatore abbia voluto favorire la cremazione: essa, infatti, appare la scelta più plausibile per sbrigare una faccenda, esclusivamente privata, incresciosa e fastidiosa come si vuol far credere sia la morte. La rimozione sociale della morte deve spingersi sino al punto di eliminare qualsiasi traccia del morto: persino le sue ceneri (24).

Non riusciamo ancora ad abolire la morte (alcuni scienziati dopo essersi impadroniti della vita, tenteranno l'impresa anche con la morte) ma per lo meno siamo già autorizzati a volatilizzare i morti. Bisognerebbe invece reinventare il nostro rapporto con loro. E questo lo si può fare solo preservando l'eredità dei cimiteri e non pianificando la loro eliminazione. Come non si risolve il problema della sopravvivenza sulla terra uccidendo gli esseri umani in sovrappiù, così non si risolve il problema della mancanza di spazi nei cimiteri eliminando semplicemente chi sta sotto terra.

Nel febbrile frastuono della civiltà postmoderna abbiamo forse ancora più bisogno di un luogo vicino dove poter tranquillamente passeggiare all'«ombra de' cipressi» tra tombe ornate di fiori e magari non solo «confortate di pianto», tutte diverse tra loro come lo erano le persone che in esse ora riposano, un luogo che concretamente ridesti in noi il ricordo dei nostri morti e al contempo la coscienza della fragilità della vita.

Postilla
Mentre concludevo questo lavoro mi è giunta notizia di un decreto della giunta regionale piemontese (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 27 ottobre 2001) che riguarda i cimiteri per gli animali d'affezione.
Il luogo per l'eterno riposo degli animali, denominato «Il parco degli animali» è un verdeggiante prato inglese di 5.000 mq., situato a 15 km. da Torino, su cui si snodano vialetti ricoperti di ghiaia, affiancati da panchine.
Su ciascuna tomba è posata una targa con la foto della bestiola e la dedica della famiglia che se ne prendeva cura, affiancata da un colorato mazzolino di fiori freschi. Al momento si accettano solo cani e gatti, ma vi sono già richieste per cavalli e coccodrilli. Mentre si pianificano loculi tutti uguali per tutti gli umani cremati (non dispersi) si pensa a dare una giusta sepoltura agli animali.
Una volta tanto gli animali saranno trattati meglio degli esseri umani.

Note
1 Legge 30 marzo 2001 n. 130, Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri (pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana», Roma, CXXXXII, n. 91, di giovedì 19 aprile 2001, pp. 25-29).

2 «Chiunque distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne sottrae e disperde le ceneri, è punito con la reclusione da due a sette anni» (art.411 comma i, c.p.). All'articolo faceva già eccezione il prelievo di parti del cadavere a scopo di trapianto terapeutico.

3 Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990 n. 285, Approvazione del regolamento di polizia mortuaria (pubblicato sulla . L'art. 80 comma 6 recita: «Ogni cimitero deve avere un cinerario comune per la raccolta e la conservazione in perpetuo e collettiva delle ceneri provenienti dalla cremazione delle salme, per le quali sia stata espressa la volontà del defunto di scegliere tale forma di dispersione dopo la cremazione oppure per le quali i familiari del defunto non abbiano provveduto ad altra destinazione». Ammettiamo pure che questa sia una dispersione sui generis, dal momento che in tal caso l'intenzione è pur sempre quella di conservare le ceneri in un cinerario comune, ma per il regolamento si tratta comunque di una «forma di dispersione». Così anche per la circolare esplicativa del Ministro della Sanità, n. 24 del 24 giugno 1993 che nel punto 14.3 prevede che «l’urna cineraria sarà aperta alla presenza di un incaricato del cimitero, per provvedere alla dispersione delle ceneri all'interno del manufatto (cinerario comune)».

4 «L'autorizzazione di cui al comma i non può essere concessa se la richiesta non sia corredata da certificato in carta libera redatto dal medico curante o del medico necroscopo, con firma autenticata dal coordinatore sanitario, dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato» (art. 79, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285).

5 Legge 30 marzo 2001, n. 130, cit., art. 4: «Al primo comma dell'art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, dopo le parole: "almeno duecento metri dai centri abitati» sono inserite le seguenti: "tranne il caso dei cimiteri di urne"».

6 Cfr. P. Becchi, P. Donadoni, Informazione e consenso all'espianto di organi da cadavere. Riflessioni di politica del diritto sulla nuova legislazione, in «PoI. dir.», XXXII, n. 2, 2001, pp. 257-287.

7 Da segnalare infine che l'autorizzazione alla cremazione, secondo la nuova legge, spetta «all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso» (art. 3' lett. a) e non più al sindaco come previsto dall'art. 79 dell'attuale regolamento di polizia mortuaria.

8 La nuova legge non è innovativa rispetto al regolamento di polizia mortuaria attuale, ma forse è opportuno ricordare che l'art. 79 del regolamento del 1990 era fortemente innovativo rispetto al precedente regolamento del 1975, che all'art. 80 autorizzava la cremazione sulla base della «chiara volontà del defunto» escludendo l'ulteriore possibilità di riferirsi alla volontà del coniuge o dei parenti.

9 Legge 29 ottobre 1987 n. 440, Conversione in legge con modificazioni del decreto legge 31 agosto i 987, n. 359, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale (pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana», Roma, CXXVIII, n. 255, di sabato 31 ottobre 1987, pp. 4-10 (8). Il comma 4 dell'art. 12 afferma che la cremazione è «servizio pubblico gratuito al pari della inumazione in campo comune».

10 Tengo qui presente l'ottima ricostruzione fornita da Z. Suchecki, La cremazione nel diritto canonico e civile, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1995.

11 Cfr. SCSRU Inquisitionis, decr. Quoad cadaverum cremationes (die 19 maii 1886), in Acta Sanctae Sedis, Romae, 19 (1886), p. 46.

12 Cfr. SCs OfL Instr. De cadaverum cremattone: Piam et constantem (5 iulà 1963), in Acta Apostolicae Sedis. Commentarium offiìiale, Romae, 56 (1964), p. 822.

13 Nel libro IV «De Ecclesiae munere santificandi», parte lì «De ceteris actibus cultus divini», titolo terzo, vengono collocati dieci canoni riguardanti le esequie ecclesiastiche «De exsequiis ecclesiasticis». Le disposizioni riguardanti la cremazione sono contenute in particolare nel c. 1176, § 3 in parte sopracitato e nel c. 1184, § 1, n. 2, dove vengono espressamente negate le esequie ecclesiastiche a «coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana».

14 Cfr. R. Ameno, lota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa Cattolica nel XX Secolo, Milano-Napoli, Ricciardi, 1985, pp. 575-580: «se l'immortalità dell'anima è dogma di tutte le religioni, la resurrezione dei corpi è invece dogma esclusivo del Cristianesimo, ed è di tutti il più ostico alla ragione, oggetto di pura fede, primo ed ultimo dei paradossi» (578). Le tesi salienti di questo libro, con riguardo alla cremazione, sono state favorevolmente riprese da Vittorio Messori nell'articolo Cremazione appars~ sul sito w~ww.kattoliko.it4eggendanera/cremazione.htm.

15 Cfr. sCS 0ff. Instr. De caaaverum crematione: Piam et constantem, cit., pp. 822-823.

16 Cfr. S.C. pro Cultu Divino, decr. Ritibus exsequiarum quo Novus Ordo exsequiarum promulgatur, Prot. n. 720/69 (15 augustii 1969), in «Notitiae», 5 (1969), pp. 423-424. Quando questo lavoro era già in bozze il cardinale Jorge Medina Estevez, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, ha reso noto che la Congregazione ha emanato un documento, il Direttorio su pietd popolare e liturgia, il quale ammette la cremazione (n. 254 del capitolo settimo) senza più raccomandare, come nel Codice di diritto canonico del 1983, l'inumazione. Il cardinale ha altresì annunciato che la Chiesa Cattolica sta preparando un rituale liturgico ad hoc per coloro che sceglieranno di farsi cremare. E il segno dell'attenzione specifica che la Chiesa intende riservare a questa pratica funeraria definitivamente riconosciuta.

17 La cremazione - a detta degli stessi cremazionisti - non è ancora considerata una scelta «normale». E diffusa soltanto nei grandi centri del Nord (in città come Genova e Torino i valori statistici salgono sino al 25%), ma anche al Nord è un fenomeno marginale nelle periferie. Del tutto 'insignificante la presenza al Sud. I dati sono ripresi da una recente intervista rilasciata da Luciano Scagliarini, Presidente della SO.CREM di Torino, in occasione della promulgazione della nuova legge. È riportata in «Confini. Temi e voci dal mondo della cremazione», Anno VII, n. 2, 2001. La si può leggere anche al sito ~'>,~.socremton.no.it/conf2interv.html.

18 Mi riferisco al racconto di J. Saramago, L>anno delle morte di Ricardo Reis (ora Torino, Emaudi, 1996), in cui uno dei personaggi nati dalla fantasia di Pessoa, appresa la morte del suo creatore, sente che «era un~ specie di dovere» quella di ritornare a Lisbona per rendere omaggio alla sua tomba. Il riferimento letterario mi è stato suggerito dalla lettura di un denso scritto di Donato Carusi, Della morte (e della vita) di Ricardo Reis. Il diritto> il soggetto> le frne della vita umana, di prossima pubblicazione su un fascicolo (curato da entrambi) di «Ragion pratica», n. 19, 2002, dedicato a problemi etico-giuridici di fine vita (Sul tema vale la pena di segnalare anche un altro suggestivo racconto di Saramago, Riflusso, ricompreso in Oggetto quasi, Torino, Emaudi, 1997, pp. 39-54).

19 L'unica argomentazione a sostegno della tesi opposta sembrerebbe essere quella di ritenere che il cadavere necessiti di una protezione maggiore delle sue ossa: il cadavere non può essere bruciato arbitrariamente, le sue ossa sì. Ora, a parte il fatto che sotto il profilo giuridico la giurisprudenza pare assumerè~ una nozione ampia di cadavere, tale da farvi rientrare anche lo scheletro, vorrei qui ricordare un esempio biblico che, forse, potrebbe far riflettere anche i laici. Nella Bibbia, se non sbaglio, troviamo un unico caso di cremazione, quella di Saul e dei suoi figli; ma la cremazione fu arrestata proprio al momento in cui era ancora possibile raccogliere le ossa per seppellirle (cfr. 1 Sam.31, 12-13).

20 Si tratta del Décret sur les sépultures n. 287 del 12 giugno 1804, noto come Editto di Saint-Cloud (in Bulletin annoté des lois> décretes et ordonnances, Paris, P. Dupont, 1836, vol. 10, pp. 261-263). Fu reso esecutivo anche in Italia dal 5 settembre 1806. Camillo Antona Traversi, nella sua discussione con Francesco Trevisan, pur ammettendo che la polemica sulle leggi napoleoniche sia stata aggiunta quando il Carme era già composto, fa giustamente notare che «gli altri provvedimenti» austriaci precedenti, opportunamente riportati, furono comunque una delle sue cause. Cfr. C. Antona -Traversi, La vera storia dei Sepoleri di Ugo Foscolo, Livorno, Vigo, 1883, voi. I, pp. 42-63 (60). La riforma delle sepolture rientrava in un progetto globale di disciplinamento sociale imposto dal dispotismo illuminato, cfr. ora al riguardo l'ampio studio di G. Tomasi, Per salvare i viventi. Le origini settecentesche del cimitero extraurbano, Bologna, Il Mulino, 2001.

21 Regio decreto n. 2322 approvativo del Regolemento per l'esecuzione della legge 20 marzo 1865 sulla sanita' pubblica, Titolo I, Cap. IV, artt. 61-79. L'obbligo della costruzione di cimiteri pubblici è sancito all'art. 70: «I comuni che alla data del presente Regolamento non avessero cimitero pubblico dovranno costruirlo e porlo in uso tutto al r;iù tardi del 1 gennaio 1~7» (citato da Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno dItalia, Anno 1865, voi. XII, Torino, Stamperia Reale, 1865, pp. 1244-1248).

22 Cfr. J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, Milano, Feltrinelli, 1992, p.139. Vale la pena riportare il passo per intero: «Se la fabbrica non esiste più, è che il lavoro è ovunque - se la prigione non esiste più, è che il sequestro e la reclusione sono ovunque nello spazio/tempo - se il manicomio non esiste più, è perché il controllo psicologico e terapeutico si è generalizzato e banalizzato - se la scuola non esiste più, è che tutte le fibre del processo sociale sono impregnate di disciplina e di formazione pedagogica - se il capitale non esiste più (nè la sua critica marxista), è che la legge del valore è passata nell'autogestione della sopravvivenza in tutte le sue forme ecc. Se il cimitero non esiste più, è che le città moderne tutte intere ne assumono la funzione:sono città morte e città di morte».

23 N. Elias, Uber die Einsamkeit der Sterbenden in unseren Tagen (1982), in La solitudine del morente, Bologna, il Mulino, 1985, p. 52.

24 Beninteso, non è certo questa l'intenzione delle diverse associazioni italiane favorevoli alla cremazione, le SO.CREM, nelle quali anzi predomina una autentica consapevolezza del significato della morte. Solo a titolo di esempio si segnali qui il libro di E. Giraud, Le ceneri dei ricordi, Genova, ECIG, 2001, la cui pubblicazione è stata sponsorizzata dalla SO.CREM genovese.

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